Opere Grafiche

Ricordato nel circuito artistico romano per la sua innata e quasi ossessiva abitudine di fissare, con essenziali e decisi tratti, piccoli momenti di vita e di vedute urbane; Orfeo Tamburi all’inizio della sua carriera fu esclusivamente grafico e disegnatore.
Furono infatti le sue prime esercitazioni con matite e pennino che gli permisero di partire alla volta di Roma dando il via a quella che sarà la sua personale storia d’artista; anche se è doveroso ricordare che Orfeo Tamburi inizia anche prima dell’esperienza romana ad avvicinarsi all’arte grafica frequentando la tipografia jesina di Duilio Diotallevi in cui scopre il fascino dell’incisione e della stampa. Dopo le prime prove xilografiche concentra la sua attenzione sul supporto a linoleum e già dal 1929 inizia a collaborare come illustratore per diverse riviste della capitale, come ad esempio “L’Italia Letteraria”, fino a raggiungere negli anni ’40 un incarico regolarmente retribuito presso la rivista “Prospettive”.
Oltre che nelle illustrazioni il suo impegno si allarga nella realizzazione di bozzetti, copertine, dove riesce elegantemente ad abbinare disegno e carattere dei titoli.E’ dunque la sua abilità grafica, la naturalezza e la freschezza dei suoi disegni che riescono, tradotti poi nelle lastre, a procurargli una certa fama oltre che una certa stabilità economica. Già le sue prime composizioni, in cui è chiara ancora la ricerca di un proprio stile, esibiscono l’influenza di artisti già noti come ad esempio Modigliani, conosciuto attraverso riviste d’arte, Carrà, Casorati osservati direttamente, che dimostrano come l’artista sia predisposto ad assorbire le novità delle tendenze artistiche contemporanee per poi rielaborarle. Negli anni ’30 il nome di Tamburi inizia a circolare tra i cenacoli dell’arte permettendogli nel 1934 di allestire una mostra di disegni presso la galleria romana Bragaglia e nel 1937 di partecipare ad un’importante “Antologia del disegno a Roma” alla galleria Cometa.
Quando alla fine degli anni '40 riesce finalmente a stabilirsi definitivamente a Parigi, città che l’artista sente congeniale e in cui continua ad evolvere e maturare l’attività grafica, il suo segno subisce delle mutazioni; i tratti fitti e disuniti, le linguette vibranti tipiche del periodo romano vengono sostituite da linee larghe e nere.
Rimangono comunque i soggetti prediletti da Tamburi: angoli di città che mutano a seconda delle stagioni, della luce e il segno del tempo sulle opere dell’uomo.
La sua professione grafica gli procura negli anni ’50 una collaborazione con la rivista “Fortune” che gli commissiona una serie di volti di città americane. In questo periodo iniziano le letture dello spazio urbano attraverso inquadrature più ravvicinate e nella sua ricerca la pittura, contrariamente a quello che era stato finora, inizia ad anticipare il disegno. L’avvicinamento all’astratto e all’informale non allontana mai Orfeo Tamburi dal motivo e dalla rappresentazione del reale: quello che ricompone in maniera raffinata nelle sue opere nasce sempre da un’osservazione del reale.
L’ultimo periodo della sua vita si distingue invece per un ravvicinamento alla sua terra natale, per la quale esegue una serie di acqueforti da abbinare a delle monografie; inaugurando una fervida attività dell’artista legata alla piccola editoria d’arte. Continui sono i contatti con raffinati editori del tempo quali Bucciarelli, Spallacci, Antognini dell’Astrogallo e con noti incisori come Piacesi, Castellani e Ciarrocchi.
Le sue opere di disegno e grafica sono conservate al Gabinetto dei disegni di Roma, grazie ad una donazione dalla contessa Mimì Pecci Blunt, al Museo di Roma e in numerose collezioni private.
La Pinacoteca Civica di Jesi conserva circa 64 tra disegni, incisioni che offrono un panorama completo e articolato di quella che fu una ricerca visiva tradotta in linee.

 

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